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questo, negli onori a lui tributati giuocava anche, e in larga misura, il sentimento di avversione e disapprovazione verso Kutuzov.   
   «Se non ci fosse Bagration, il faudrait l'inventer,» aveva detto Šinšin, il creatore di barzellette, parodiando il detto di Voltaire. Di Kutuzov nessuno diceva nulla e certuni lo insultavano a bassa voce, chiamandolo banderuola di corte e vecchio satiro.   
   Per tutta Mosca correvano le parole del principe Dolgorukov: «Tanto va la gatta al lardo...» il quale si consolava della nostra sconfitta col ricordo delle precedenti vittorie, e si ripetevano le parole di Rastopèin, secondo le quali i soldati francesi si devono eccitare alle battaglie con frasi altisonanti, con i tedeschi si deve ragionare a fil di logica, persuadendoli che è più pericoloso scappare che non andare avanti; ma che i soldati russi si devono soltanto trattenere e pregare: calma, più calma! Da tutte le parti si udivano sempre nuovi racconti su singoli esempi di coraggio dimostrati ad Austerlitz dai nostri ufficiali e dai nostri soldati. Chi aveva salvato una bandiera, chi aveva ucciso cinque francesi, chi aveva caricato da solo cinque cannoni. Si parlava anche di Berg (e chi non lo conosceva?), il quale, ferito alla mano destra, aveva impugnato la sciabola nella sinistra e aveva continuato ad avanzare. Di Bolkonskij non si diceva nulla: solo i suoi più intimi conoscenti rimpiangevano che fosse morto così immaturamente, lasciando la moglie incinta e quel vecchio originale di suo padre.   
   

   Capitolo III   

   
   Il 3 marzo in tutte le stanze del Club inglese risuonava un ronzio di voci che conversavano e, come api nello sciame di primavera, i soci e gli

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