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   «Ah, sì, già, lo so... me n'ero dimenticato,» diceva.   
   Il luogo per il duello era stato scelto a un'ottantina di passi della strada dove era rimasta la slitta, in una piccola radura della pineta coperta di neve, che il disgelo degli ultimi giorni aveva sciolto. Gli avversari stavano a quaranta passi l'uno dall'altro, ai margini della radura. I padrini, misurando i passi, lasciarono impresse le loro orme sulla neve spessa e bagnata dal punto dove si trovavano fino alle sciabole di Nesvickij e di Denisov, che indicavano la barriera ed erano piantate a dieci passi l'una dall'altra. Il disgelo e la nebbia persistevano; a quaranta passi non si vedeva nulla. Da tre minuti tutto era pronto e tuttavia si esitava a cominciare. Tutti tacevano.   
   

   Capitolo V   

   
   «Allora, si comincia?» esclamò Dolochov.   
   «E perché no?» rispose Pierre, sorridendo sempre allo stesso modo.   
   La situazione si fece terribile. Era evidente che nulla poteva più dirimere una questione come quella, iniziata con tanta leggerezza; essa ora procedeva da sé, indipendente ormai dalla volontà degli uomini, e doveva compiersi. Denisov per primo si fece avanti fino alla barriera e proclamò:   
   «Poiché gli avvevsavi hanno vifiutato di viconciliavsi, savà oppovtuno incominciave. Pvendeve le pistole e alla pavola tve venivsi incontvo. U...no! Due! Tve!...» gridò poi egli con ira e si tirò da parte.   
   I due avanzarono lungo i sentieri battuti, facendosi sempre più vicini e riconoscendosi attraverso la nebbia. Mentre si avvicinavano alla barriera, gli avversari avevano il diritto di sparare in qualunque

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