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momento. Dolochov procedeva lentamente, senza alzare la pistola, fissando il suo avversario con i suoi chiari, splendenti occhi celesti. Come sempre la sua bocca recava un'ombra di sorriso.   
   Alla parola «tre», Pierre si era fatto avanti a passi rapidi, uscendo dal sentiero tracciato e camminando sulla neve intatta. Teneva la pistola allungando in avanti il braccio destro, evidentemente temendo di poter uccidere con quella pistola se stesso. Badava a tenere il braccio sinistro indietro, perché d'istinto avrebbe voluto servirsene per sorreggere il braccio destro, mentre sapeva che questo non si poteva fare. Dopo esser uscito dal sentiero sulla neve e aver percorso circa sei passi, si guardò i piedi, di nuovo diede una rapida occhiata a Dolochov, contrasse il dito come gli era stato indicato e sparò. Poiché non si attendeva un rumore così forte, Pierre sussultò al proprio sparo, poi sorrise della propria reazione e si fermò. Al primo momento il fumo, particolarmente denso a causa della nebbia, gli impedì di vedere; ma l'altro sparo che lui si aspettava non veniva. Si sentivano solamente i passi affrettati di Dolochov e, tra il fumo, apparve la sua figura. Con una mano si premeva il fianco sinistro, con l'altra stringeva la pistola penzoloni. Il suo volto era pallido. Rostov accorse e gli disse qualcosa.   
   «N... no, no,» proferì tra i denti Dolochov; «no, non è finita.» Vacillando percorse ancora alcuni passi, fino a raggiungere la sua sciabola e cadde nella neve accanto ad essa. La sua mano sinistra era insanguinata, egli la strofinò contro il soprabito e vi si appoggiò. Il suo viso era pallido, accigliato, e gli tremava.   
   «Favo...» cominciò a dire, ma non poté pronunciare la parola d'un fiato, «favorite...» riuscì a dire poi con uno sforzo.   
   Frenando a fatica i singhiozzi, Pierre corse verso di lui e avrebbe già

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