voluto oltrepassare lo spazio che separava le barriere, quando Dolochov gridò: «Alla barriera!» Pierre comprese di che si trattava, restò fermo accanto alla propria sciabola. Solo dieci passi li separavano. Dolochov lasciò cadere la testa sulla neve, vi diede avidamente un morso, sollevò nuovamente la testa, si raddrizzò, congiunse le gambe e si sedette, cercando un centro stabile di gravità. Inghiottiva la neve gelida e la succhiava; le sue labbra tremavano ma sempre sorridendo; gli occhi scintillavano per lo sforzo e la collera delle ultime forze che aveva raccolto. Alzò la pistola e cominciò a prendere la mira.
«Di fianco, proteggetevi con la pistola,» disse Nesvickij.
«Copritevi!» gridò anche Denisov, incapace di trattenersi, al suo avversario.
Con un mite sorriso di pietà e di pentimento, Pierre se ne stava indifeso con le gambe e le braccia spalancate, il largo torace proprio dinanzi a Dolochov, e lo guardava tristemente. Denisov, Rostov e Nesvickij strizzarono gli occhi. Nello stesso momento udirono uno sparo e un urlo furibondo di Dolochov.
«L'ho mancato!» gridò Dolochov, e si lasciò cadere stremato, con la faccia nella neve.
Pierre si prese il capo fra le mani. Si volse e si diresse verso il bosco, camminando sulla neve intatta e proferendo ad alta voce parole incomprensibili.
«Com'è stupido... com'è tutto stupido! La morte... la menzogna...» ripeteva, con la fronte aggrottata. Nesvickij lo fermò e lo condusse a casa.
Rostov e Denisov portarono via Dolochov ferito.
Dolochov giaceva nella slitta, silenzioso, con gli occhi chiusi, e non