guardo in faccia a nessuno, tranne le persone alle quali porto affetto. Quelli che amo, li amo al punto di dare la vita, mentre gli altri, se si mettono sulla mia strada, li schiaccio. Ho una madre che adoro, una donna impagabile; poi ho due o tre amici e fra questi ci sei tu. Degli altri mi accorgo solo per quanto mi possono essere utili oppure nuocermi. E quasi tutti mi nuocciono, soprattutto le donne. Sì caro,» proseguiva, «di uomini ne ho incontrati che abbiano buoni sentimenti, che siano generosi, d'animo elevato; ma di donne che non fossero esseri venali - non importa se contesse o cuoche - non ne ho ancora incontrate. Non ho ancora conosciuto quella purezza celestiale, quella devozione che cerco nella donna. Se trovassi una donna simile, sarei pronto a dare la vita per lei. Ma queste!...» Egli ebbe un gesto sprezzante. «E, credimi, se ho ancora cara la mia vita, è soltanto perché spero ancora d'incontrare quella celestiale creatura capace di rigenerarmi, purificarmi ed elevarmi. Ma tu, questo, non lo capisci.»
«Non è vero, lo capisco benissimo,» rispondeva Rostov che sentiva l'influenza del suo nuovo amico.
In autunno i Rostov fecero ritorno a Mosca. Al principio dell'inverno tornò anche Denisov e si fermò in casa loro. Quel primo periodo dell'inverno 1806, che Nikolaj trascorse a Mosca, fu per lui e per tutta la sua famiglia uno dei più felici. Nikolaj recava con sé, in casa dei genitori, molta gente giovane. Vera era una bella ragazza di vent'anni; Sonja una giovinetta di sedici anni con tutto l'incanto di un fiore appena sbocciato; Nataša, a metà bimba e a metà signorina, ora infantilmente buffa, ora piena di fascino femminile.
A quel tempo in casa Rostov s'era andata formando una particolare atmosfera amorosa, come succede nelle case in cui ci sono ragazze molto