Indice   [800x750]    Website Info


baro; perciò vi consiglio di essere più prudenti con me.»   
   «Suvvia, da' le carte!» disse Rostov.   
   «Ah, queste comari moscovite!» esclamò Dolochov, e riprese le carte con un sorriso.   
   «Aaah!» A Rostov per poco non sfuggì un grido, mentre si portava le mani ai capelli. Il sette che gli era necessario era sopra, la prima carta del mazzo. Aveva perduto più di quanto, potesse pagare.   
   «Ma non disperarti,» disse Dolochov gettando uno sguardo di sfuggita a Rostov, e continuò a mischiare le carte.   
   

   Capitolo XIV   

   
   Un'ora e mezzo più tardi la maggior parte dei giocatori prendeva alla leggera il proprio gioco.   
   Tutto il gioco si era concentrato sul solo Rostov. Ora, a suo carico, non erano più segnati milleseicento rubli, ma una lunga colonna di cifre, di cui lui aveva tenuto il conto preciso fino a diecimila, e che ora, egli pensava confusamente, doveva aggirarsi almeno sulle quindicimila. In realtà la nota superava già i ventimila rubli. Dolochov ormai non ascoltava più nessuno e non raccontava storie; seguiva ogni movimento delle mani di Rostov e di tanto in tanto dava un'occhiata di sfuggita al suo conto con lui. Aveva deciso di protrarre il gioco finché quella nota fosse salita fino a quarantatremila. Aveva scelto questo numero, perché a quarantatré si arrivava sommando gli anni di Sonja ai suoi. Rostov, con la testa appoggiata sulle due mani, sedeva davanti alla tavola scarabocchiata, chiazzata di vino, ingombra di carte. Un'unica, tormentosa impressione non lo abbandonava: quelle mani rossicce dalle ossa forti, con

Questo capitolo in: Inglese Francese Tedesco Avanti