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e averne avuto una ricevuta, senza salutare nessuno dei suoi conoscenti, negli ultimi giorni di novembre partì per raggiungere il reggimento che si trovava già in Polonia.   
   

   PARTE SECONDA –Capitolo I   

   
   Dopo la spiegazione con sua moglie, Pierre era partito per Pietroburgo. A Toržok, alla stazione di posta, non c'erano cavalli, o forse il mastro di posta non voleva darli. Pierre dovette aspettare. Si sdraiò senza spogliarsi su un divano di cuoio davanti a una tavola rotonda, appoggiò su quella tavola i suoi grossi piedi calzati negli stivali da inverno e prese a pensare.   
   «Ordinate di portare le valige? Di farvi il letto? Di servirvi il tè?» domandò il cameriere.   
   Pierre non rispose, perché non aveva udito né visto nulla. Fin dalla stazione precedente era immerso nei suoi pensieri, ed ora continuava a pensare sempre alla stessa cosa: una cosa così importante che egli non prestava alcuna attenzione a ciò che gli accadeva intorno. Non soltanto non lo interessava quando sarebbe arrivato a Pietroburgo, o che in quella stazione ci fosse o non ci fosse per lui un posto per riposare, ma in confronto ai pensieri che in quel momento lo occupavano, il fatto di dover passare in quella stazione alcune ore o magari la vita intera, per lui non rivestiva alcuna importanza.   
   Entrarono nella stanza, offrendo i loro servigi, il mastro di posta, sua moglie, il cameriere, una vecchia che vendeva le pelletterie ricamate di Toržok. Pierre, senza cambiare la sua posizione con i piedi sollevati li guardava attraverso gli occhiali e non capiva di che cosa potessero

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