il basso, «qui c'è soltanto un equivoco; credo che tu stesso lo intuisca. Scriviamo una lettera, subito, insieme, e lei verrà, tutto si spiegherà; altrimenti, credimi, è molto probabile che tu abbia a soffrirne, mio caro.»
E il principe Vasilij lanciò a Pierre un'occhiata densa di significati. «So da buone fonti che l'imperatrice madre prende vivo interesse a tutta questa faccenda. Come ben sai ella nutre per Hélène la più viva benevolenza.»
Pierre aveva tentato più volte di parlare, ma se il principe Vasilij non glielo consentiva, lo stesso Pierre aveva paura di pronunciarsi in quel tono di rifiuto netto e di dissenso col quale era fermamente deciso a rispondere al suocero. Inoltre gli tornavano alla mente le parole dello statuto massonico: «Sii affabile e ospitale.» Si accigliava, arrossiva, si alzava e tornava a sedersi, facendo violenza a se stesso per fare la cosa più difficile della sua vita: dire in faccia a una persona qualcosa che gli riesce sgradito; non dire ciò che questa persona si attende, chiunque essa sia. Era così abituato ad arrendersi al tono di negligente sicurezza del principe Vasilij, che anche adesso sentiva come da quanto avrebbe detto ora o tra un istante dipendesse tutto il suo futuro: se avrebbe ripreso, cioè, la vecchia strada o se si sarebbe avviato per quella nuova che i massoni gli avevano indicata in modo così attraente e lungo la quale era convinto di poter risorgere a nuova vita.
«Ebbene, mio caro,» disse in tono scherzoso il principe Vasilij; «dimmi di sì; da parte mia scriverò a Hélène e ammazzeremo il vitello grasso...»
Ma il principe Vasilij non aveva fatto in tempo a pronunciare del tutto la sua facezia, che Pierre, senza guardare negli occhi il suo interlocutore, il viso atteggiato a una collera che ricordava suo padre,