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   «C'est l'épée de Frédéric le Grand, que je...» cominciò, ma Ippolit la interruppe con le parole:   
   «Le Roi de Prusse...» e di nuovo, non appena si rivolsero verso di lui, si scusò e tacque.   
   Anna Pavlovna si accigliò. Allora Mortemart, che era amico di Ippolit, lo affrontò con decisione:   
   «Voyons à qui en avez vous avec votre Roi de Prusse?»   
   Ippolit scoppiò a ridere come se si vergognasse del suo riso.   
   «Non, ce n'est rien, je voulais dire seulement... (Avrebbe voluto ripetere una facezia che aveva udito a Vienna e che durante tutta la serata aveva desiderato infilare nel discorso.) Je voulais dire seulement que nous avons tort de faire la guerre pour le Roi de Prusse.»   
   Boris ebbe un cauto sorriso, cosicché poteva essere interpretato come un sorriso canzonatorio, oppure di compiaciuto divertimento per la celia, a seconda di come lo si volesse interpretare. Tutti si misero a ridere.   
   «Il est très mauvais, votre jeu de mots, très spirituel, mais injuste,» disse Anna Pavlovna minacciandolo con un ditino. «Nous ne faisons pas la guerre pour le roi de Prusse, mais pour les bons principes. Ah, le méchant, ce prince Hippolyte!» disse ancora.   
   La conversazione si mantenne animata per tutta la sera, aggirandosi in prevalenza sulle novità politiche. Ma alla fine della serata si ravvivò anche maggiormente, quando si parlò delle ricompense concesse dall'imperatore.   
   «Se l'anno scorso X ha ricevuto una tabacchiera col ritratto,» diceva l'homme à l'esprit profond, «perché Y non dovrebbe ottenere la stessa ricompensa?»   
   «Je vous demande pardon, une tabatière avec le portrait de l'Empereur

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