Dapprima il principe Andrej lesse soltanto con gli occhi, ma poi, involontariamente, ciò che leggeva (sebbene sapesse che non si doveva far pieno credito a Bilibin) cominciò a interessarlo sempre più. Dopo aver letto fino a questo passo, egli appallottolò la lettera e la gettò via. Non lo irritava tanto ciò che aveva letto, quanto il fatto che la vita di laggiù, la quale gli era estranea, potesse metterlo in agitazione. Chiuse gli occhi, si passò una mano sulla fronte, quasi a scacciare qualsiasi partecipazione a quanto aveva letto, e porse l'orecchio a ciò che accadeva nella stanza del bambino. A un tratto, dietro la porta, gli parve di udire uno strano rumore. La paura lo colse; temette che al bambino fosse successo qualcosa mentre egli leggeva la lettera. Si accostò in punta di piedi alla porta della stanza e l'aprì.
Nell'istante in cui entrò, si accorse che la njanja gli nascondeva qualcosa con un'aria spaventata e che la principessina Mar'ja non era più accanto al lettino.
«Caro,» udì dietro di sé un bisbiglio della principessina, che gli parve disperato. Come spesso accade quando da troppo tempo non si è dormito e si è in preda a una agitazione prolungata, lo assalì un'immotivata paura: si mise in mente che il bambino fosse morto. Tutto ciò che aveva visto e udito gli pareva dare conferma al suo terrore.
«Tutto è finito,» pensò, e la sua fronte si fece madida di un sudor freddo. Si avvicinò con aria smarrita al lettino, persuaso che l'avrebbe trovato vuoto, che la bambinaia avesse nascosto il bambino ormai morto. Scostò le tendine e per molto tempo i suoi occhi spaventati e vaganti non riuscirono a trovare il bimbo. Alla fine lo scorse: acceso in viso, rilassato, il bimbo giaceva di traverso sul lettino con la testa più in basso del guanciale; muoveva nel sonno le sue piccole labbra facendole