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continuò, «se l'avessi trattata con severità, le avessi proibito... Dio sa che cosa avrebbero fatto di nascosto,» (la contessa intendeva che si sarebbero baciati), «mentre invece così io conosco ogni parola che dice. È lei a correre spontaneamente da me, la sera, e mi racconta tutto. Può darsi che io la vizi, ma, credo che sia meglio così. La maggiore l'ho educata con severità...»   
   «Sì, io sono stata educata in tutt'altro modo,» disse la bella contessina Vera con un sorriso.   
   Ma il sorriso non abbelliva il viso di Vera come di solito avviene; al contrario, il suo viso aveva perso la sua naturalezza ed era diventato sgradevole. Vera era bella, tutt'altro che sciocca, studiava con profitto, aveva un'ottima educazione, una voce piacevole, e quel che diceva era giusto e appropriato; ma, strana cosa, tutti, anche l'ospite e la contessa, si voltarono verso di lei, come meravigliandosi che avesse parlato, e provarono un senso di disagio.   
   «Con i primi figli si è sempre più esigenti, si vuol farne qualcosa di fuori del comune,» disse l'ospite.   
   «Be', a che vale nascondere i propri errori, ma chère? La contessa mia moglie è stata anche troppo esigente, con Vera,» disse il conte. «Ma che importa, in fondo? È riuscita una ragazza eccellente,» aggiunse, ammiccando a Vera con aria compiaciuta.   
   Le ospiti si alzarono e se ne andarono, promettendo di tornare per il pranzo.   
   «Che modi! Non trovavano proprio il modo di andarsene!» disse la contessa, quando ebbe accompagnato le ospiti alla porta.   
   

   Capitolo XIII   


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