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con la polacca, si mise a rimproverarlo per la sua iracondia, Rostov prese a dire:   
   «Come vuoi... Per me è come una sorella e non so dirti come mi sia sentito offeso... perché... sì, dato che...»   
   Denisov gli batté una mano sulla spalla e cominciò a camminare a passi veloci per la stanza, senza guardare Rostov, cosa che faceva nei momenti in cui aveva l'animo agitato.   
   «Una stvana vazza quella dei Vostov,» esclamò; e Nikolaj si accorse che gli occhi di Denisov erano pieni di lacrime.   
   

   Capitolo XVI   

   
   Nel mese di aprile, alla notizia dell'arrivo dell'imperatore, le truppe si rincuorarono. Rostov non riuscì a presenziare alla rivista che il sovrano passò a Bartenstein; quelli del Pavlograd si trovavano infatti agli avamposti, molto oltre Bartenstein.   
   Stavano accampati in piena campagna, Denisov e Rostov stavano in un ricovero scavato nella terra dai soldati e ricoperto di rami secchi e di zolle erbose. Il ricovero era costruito secondo un criterio che da poco era entrato in uso: si scavava una buca di un metro e venti di larghezza, tre e mezzo di lunghezza, e due di profondità. A un'estremità della buca venivano costruiti degli scalini e questa era l'entrata, la scaletta d'ingresso; la buca costituiva la stanza, che per i fortunati, come il comandante dello squadrone, all'estremità opposta agli scalini, disponeva di un'asse posata su pioli, cioè di un tavolo. Ai due lati della buca si scavavano nella parete di terra due vani d'una settantina di centimetri di profondità e questi servivano da letti e divani. Il tetto era fatto in

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