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senza speranza; non doveva più intraprendere nulla di nuovo, doveva solo continuare a vivere senza far del male, senza agitarsi e senza più nulla desiderare.   
   

   Capitolo II   

   
   Per i suoi impegni di tutela riguardo alle proprietà di Rjazan', il principe Andrej doveva incontrarsi col maresciallo della nobiltà di quel distretto. Costui era il conte Il'ja Andreeviè Rostov, e il principe Andrej alla metà di maggio si recò da lui.   
   La primavera ormai era già calda. Il bosco era tutto rivestito di foglie; le strade erano polverose e faceva così caldo che, passando davanti all'acqua, si era presi dalla voglia di fare un bagno.   
   Il principe Andrej, di cattivo umore e turbato dai suoi pensieri, meditando sulle questioni di cui doveva parlare col maresciallo della nobiltà, percorreva in carrozza un viale del giardino che portava alla casa di Otradnoe, di proprietà dei Rostov. Dietro gli alberi, sulla destra, udì un allegro vociare femminile, poi vide un frotto di giovinette che correvano tagliando la strada alla sua carrozza. In testa a tutte, più vicina alla carrozza, correva una ragazza nera d'occhi e di capelli molto snella, di una snellezza strana; vestiva un abito giallo di cotonina e in testa aveva un fazzoletto bianco dal quale sfuggivano ciocche di capelli scomposti. La ragazza stava gridando qualcosa, ma, accortasi dell'estraneo, corse indietro ridendo senza fermarsi a guardarlo.   
   Il principe Andrej provò a un tratto, chissà perché, quasi una fitta di dolore. La giornata era così bella, il sole così sfolgorante; tutto, intorno, era così gaio; e quell'esile ragazza che non sapeva e non voleva

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