atteso altro e fosse stata in agguato dietro la finestra, penetrò nella stanza. Il principe Andrej aprì anche i vetri. La notte era fresca, di una chiarezza immobile. Proprio davanti alla finestra c'era un filare di alberi potati, neri da una parte, argentei e luminosi dall'altra. Sotto gli alberi c'era una fresca, umida vegetazione ricciuta, con le foglie e gli steli qua e là argentei. Più in là, dietro gli alberi neri, c'era un tetto luccicante di guazza, più a destra un grande albero fronzuto col tronco e i rami d'un bianco vivido; e, sopra di esso, una luna quasi piena campeggiava nel cielo primaverile, chiaro e quasi senza stelle. Il principe Andrej si appoggiò con i gomiti sul davanzale e i suoi occhi restarono fissi a quel sereno.
La camera del principe Andrej era al secondo piano; anche le camere sopra di lui erano abitate, e anche in quelle camere non si dormiva: dall'alto gli giungeva un conversare di donne.
«Un'altra volta, un'altra volta sola,» diceva una voce femminile che il principe Andrej riconobbe subito.
«Ma quando te ne verrai a dormire?» rispondeva un'altra voce.
«Non dormirò, non posso dormire; che cosa posso farci! Ti prego, per l'ultima volta...»
Le due voci femminili intonarono una frase musicale che doveva costituire la fine di qualche pezzo.
«Ah, che incanto! Ebbene, ora a dormire, e che sia finita!»
«Dormi tu, se puoi; io non posso,» rispose la prima voce, avvicinandosi alla finestra.
Evidentemente colei a cui apparteneva questa voce si era affacciata alla finestra e si era sporta, perché fu possibile udire il fruscio del suo abito e perfino il suo respiro. Tutto era tornato immobile, tutto era