impietrito, come la luna, come la sua luce e le sue ombre. Ed anche il principe Andrej si teneva immobile, nel timore di tradire la propria involontaria presenza.
«Sonja! Sonja!» si udì ancora la prima voce. «Ma, come si può dormire? Ah, che incanto, che incanto! Guarda! Suvvia Sonja, svegliati!» continuò. E c'era quasi un pianto, in quella voce. «Una notte così incantevole non c'è stata mai, mai!»
Sonja di malavoglia rispose qualcosa.
«Guarda, guarda che luna!... Ah, che incanto! Vieni qua. Sonja, tesoro, vieni qua. Ecco, vedi? Ecco, vorrei rannicchiarmi sui calcagni, così, afferrarmi con le mani sotto le ginocchia, ben strette, il più strette possibile... stringermi così forte, così, e poi volare via! Ecco, così!»
«Smettila, finirai per cadere.»
Si sentì una lotta, e la voce contrariata di Sonja:
«Sai che è'già l'una passata?»
«Ah, tu mi guasti sempre tutto. Ma sì, va', va'.»
E di nuovo tutto tacque; ma il principe Andrej sapeva che lei era sempre seduta allo stesso posto: a volte sentiva un lieve movimento, a volte dei sospiri.
«Ah, Dio mio! Dio mio! E questo che cos'è!» esclamò lei a un tratto. «Ebbene, se proprio si deve dormire, andiamo a dormire!» E sbatté le imposte.
«E non le importa affatto che io esista o no!» pensò il principe Andrej mentre tendeva l'orecchio al suo bisbiglio, ansioso e al tempo stesso timoroso che ella dicesse qualcosa sul suo conto. «E di nuovo lei! Parrebbe proprio fatto apposta!» pensò ancora. A un tratto nella sua anima si fece strada un così inopinato intrico di pensieri e di speranze