espressione contrita e spaventata. L'udienza dell'ufficiale durò a lungo. A un tratto dietro la porta si udirono i clamori di una voce sgradevole; l'ufficiale uscì pallido, le labbra tremanti, e attraversò l'anticamera stringendosi il capo fra le mani.
Subito dopo, verso la porta fu accompagnato il principe Andrej, e l'ufficiale di servizio gli disse in un bisbiglio: «A destra, dalla parte della finestra.»
Il principe Andrej entrò in uno studio semplice, ordinato, e presso una scrivania vide un uomo sulla quarantina, lungo di busto, con una lunga testa dai capelli tagliati corti e dalle rughe profonde, le sopracciglia aggrottate sopra due occhi inespressivi, d'un verde bruno, e un naso rosso a becco. Arakèeev voltò il capo verso di lui, senza però guardarlo.
«Che cosa domandate, voi?» disse Arakèeev.
«Io non domando... nulla, eccellenza,» proferì a bassa voce il principe Andrej.
Gli occhi di Arakèeev si volsero verso di lui. «Sedetevi,» disse, «siete il principe Bolkonskij?»
«Io non domando nulla, ma sua maestà l'imperatore s'è degnato di trasmettere a vostra eccellenza un memoriale da me consegnato...»
«Vedete, carissimo, il vostro promemoria l'ho letto,» lo interruppe Arakèeev, pronunciando solo le prime parole in tono affabile, mentre già aveva cessato di guardare in faccia il principe Andrej, e sempre più si abbandonava a modi irritati e sprezzanti. «Proponete nuove leggi militari? Di leggi ce ne sono tante, ma nessuno riesce a far rispettare le vecchie. Oggi tutti scrivono leggi; ma scrivere è facile, mentre fare...»
«Sono venuto per volontà di sua maestà l'imperatore a informarmi presso vostra eccellenza quale corso intendiate dare al suddetto promemoria,»