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ne importa, dal momento che si tratta del destino di mio figlio.» La principessa si alzò. «Adesso sono le due e voi pranzate alle quattro. Faccio in tempo ad andarci.»   
   E, con i modi di un'indaffarata signora di Pietroburgo che sa come impiegare il proprio tempo, Anna Michajlovna mandò a chiamare il figlio e uscì insieme con lui in anticamera.   
   «Arrivederci, anima mia,» disse alla contessa che l'aveva accompagnata fino alla porta, «augurami buona fortuna,» soggiunse con un bisbiglio, di nascosto dal figlio.   
   «Andate dal conte Kirill Vladimiroviè, ma chère?» disse il conte dalla sala da pranzo, e uscì anche lui in anticamera. «Se stesse meglio, dite a Pierre che venga a pranzo da me. Una volta veniva sempre da noi, ballava con i bambini. Invitatelo senz'altro, ma chère. Be', vedremo se il nostro Tarâs saprà farsi onore. Dice che neppure dal conte Orlov non c'è mai stato un pranzo come quello che ci sarà da noi.»   
   

   Capitolo XV   

   
   «Mon cher Boris,» disse la principessa Anna Michajlovna al figlio quando la carrozza della contessa Rostova, nella quale essi sedevano, ebbe percorso l'ultimo tratto di strada tutto cosparso di paglia e fu entrata nell'ampio cortile della casa del conte Kirill Vladimiroviè Bezuchov. «Mon cher Boris,» disse la madre, togliendo la mano di sotto il vecchio mantello di pelliccia e posandola su quella del figlio con un gesto timido e affettuoso, «sii affabile, sii premuroso. Il conte Kirill Vladimiroviè è il tuo padrino e da lui dipende il tuo futuro. Ricordatene, mon cher, sii amabile come tu sai essere...»   

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