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innocente, infelice per il mio abbandono e molte altre cose. Io sapevo che se soltanto avessi accettato di vederla, non avrei più avuto la forza di opporre un rifiuto ai suoi desideri. Nel mio dubbio non sapevo a quale aiuto e a quale consiglio ricorrere. Se il mio benefattore fosse stato qui, lui me l'avrebbe detto. Mi sono ritirato, ho riletto le lettere di Iosif Alekseeviè, con la memoria sono riandato alle conversazioni avute con lui e da tutto ho concluso che non devo opporre un rifiuto a chi chiede, che devo stendere una mano d'aiuto a chiunque, e tanto più a una persona così legata a me. Devo portare la mia croce. Ma se per amore della virtù le ho perdonato, anche la mia unione con lei deve avere soltanto uno scopo spirituale. Così ho deciso e così ho scritto a Iosif Alekseeviè. Ho detto a mia moglie che la prego di dimenticare il passato, di perdonare ciò per cui posso essere in colpa dinanzi a lei e che io non ho nulla da perdonarle. Per me è stata una gioia dirle questo. Che ella non sappia quanto mi sia stato penoso rivederla. Mi sono sistemato nelle stanze superiori di questa grande casa e provo una felice sensazione di rinnovamento interiore.»   
   

   Capitolo IX   

   
   Come sempre, anche allora l'alta società, che si trovava riunita a corte e ai grandi balli, si suddivideva in vari circoli ognuno dei quali presentava una sua sfumatura particolare. Il più numeroso fra questi era il circolo francese, cioè dei favorevoli all'alleanza con Napoleone, che faceva capo al conte Rumjancov e a Caulaincourt. In questo circolo uno dei posti più in vista, da quando ella si era stabilita a Pietroburgo col marito, era tenuto da Hélène. Da lei si recavano i signori dell'ambasciata

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