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trascorsi in campagna   
   Sebbene Nikolaj, attenendosi con fermezza al suo proposito, continuasse a prestare il suo oscuro servizio in uno sperduto reggimento, spendendo relativamente poco denaro, il tenore di vita a Otradnoe era tale (soprattutto per il modo in cui Miten'ka mandava avanti l'amministrazione), che i debiti aumentavano ogni anno senza che si riuscisse a porvi un freno. L'unico rimedio che, evidentemente, si presentava al vecchio conte era quello di trovare un impiego. Egli si recò dunque a Pietroburgo a cercarvi un posto e al tempo stesso, come egli diceva, per dare un'ultima volta un po' di svago alle ragazze.   
   Poco dopo l'arrivo dei Rostov a Pietroburgo, Berg chiese la mano di Vera e la domanda fu accettata.   
   Sebbene a Mosca i Rostov appartenessero all'alta nobiltà, senza saperlo nemmeno loro e senza pensare a quale ceto appartenessero, a Pietroburgo la società dai quali erano circondati era mista e indefinibile. A Pietroburgo essi erano dei provinciali, al cui livello non si abbassavano quelle stesse persone che a Mosca i Rostov qualche volta avevano addirittura mantenuto, senza domandarsi a quale società appartenessero.   
   A Pietroburgo i Rostov conducevano la stessa vita generosa e ospitale di Mosca, e alle loro cene si incontravano le più svariate persone: conoscenti di Otradnoe, vecchi proprietari terrieri di modesta condizione con le loro figliuole, la Peronskaja, damigella di corte, Pierre Bezuchov e il figlio del direttore delle poste del distretto, che era impiegato a Pietroburgo. Gli uomini che ben presto erano diventati assidui di casa Rostov erano Boris, Pierre, che il vecchio conte aveva incontrato per strada e trascinato a casa sua, e Berg, il quale passava giornate intere da loro e dimostrava alla maggiore delle contessine, Vera, l'attenzione

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