ufficiali. Le carrozze si allontanavano, altre giungevano senza posa con lacchè in livrea rossa e altri con cappelli piumati. Dalle carrozze scendevano uomini in uniforme, adorni di nastrini e decorazioni; signore in abiti di raso adorni d'ermellino posavano guardinghe il piede sui predellini che venivano abbassati con rumore, poi incedevano rapide e silenziose sul tappeto dell'ingresso.
Quasi all'arrivo di ogni carrozza, fra la folla correva un brusio e si levavano i berretti.
«È sua maestà?... No, è il ministro... è il principe... è l'ambasciatore... Non vedi le piume?...» si diceva in mezzo alla folla. Un uomo tra la gente, vestito meglio degli altri sembrava conoscere tutti e designava per nome i più importanti dignitari dell'epoca.
Già un terzo degli ospiti era giunto al ballo, e dai Rostov, che a quel ballo dovevano prender parte, ancora si svolgevano i frettolosi preparativi della toilette.
In casa Rostov c'erano stati molti discorsi e molti preparativi per quel ballo; e molta paura di non ricevere l'invito, di non avere pronti gli abiti, che non si potesse sistemare ogni cosa come si doveva.
Insieme coi Rostov si sarebbe recata al ballo anche Mar'ja Ignat'evna Peronskaja, amica e parente della contessa: una magra e gialla damigella della vecchia corte che faceva da guida ai provinciali Rostov nell'alta società di Pietroburgo.
Alle dieci di sera i Rostov sarebbero passati a prendere la damigella al Giardino di Tauride, ma mancavano cinque minuti alle dieci, e le signorine non erano ancora vestite.
Per Nataša questo era il primo grande ballo della sua vita. Si era alzata alle otto del mattino e, per tutta la giornata, era stata in preda