Nataša si accinse a indossare l'abito.
«Subito, subito; non entrare, papŕ!» gridň al padre, che stava aprendo la porta, da sotto la nube della gonna che le copriva tutto il viso. Sonja chiuse per bene la porta. Un minuto dopo fu consentito al conte di entrare. Indossava un frac blu, calze lunghe e scarpini, ed era profumato e impomatato.
«Ah, papŕ, come sei bello! Una meraviglia!» esclamň Nataša stando ferma al centro della stanza e rassettando le pieghe dell'abito di tulle.
«Permettete, signorina, permettete,» diceva la cameriera che, inginocchiata, tirava qua e lŕ il vestito e con la lingua spostava le spille da un angolo all'altro della bocca.
«Fa' come ti pare,» esclamň Sonja con lo sconforto nella voce, osservando l'abito di Nataša, «fa' come vuoi, ma č ancora lungo!»
Nataša si fece in lŕ per guardarsi nella specchiera del trumeau. L'abito era davvero troppo lungo.
«Ma no, signorina, non č affatto lungo,» disse Mavruša trascinandosi ginocchioni appresso Nataša.
«Be', se č lungo, si fa un orlo, in un momento si fa un orlo,» disse decisa Dunjaša, prendendo un ago dal fazzoletto che aveva al collo e rimettendosi al lavoro, lě sul pavimento.
In quel momento, timidamente, a passi silenziosi, entrň la contessa che indossava la sua tocque e l'abito di velluto.
«Ah, eccola, la mia bellezza!» si mise a gridare il conte. «Č piů bella lei di tutte voi!...»
Avrebbe voluto abbracciarla, ma la contessa, arrossendo, si scostň per non sgualcirsi l'abito.
«Mamma, la tocque va spostata un po' piů di lato,» disse Nataša. «Te