La salute e il carattere del principe Nikolaj Andreeviè Bolkonskij erano molto declinati, in quell'ultimo anno, dopo la partenza del figlio. Il vecchio principe era diventato ancora più irascibile e le sue escandescenze peraltro immotivate si scaricavano sulla principessina Mar'ja. Sembrava che cercasse con cura particolare tutti i punti deboli di sua figlia per poterla sottoporre a torture morali, e nel modo più crudele possibile. La principessina Mar'ja aveva due passioni, e perciò due gioie: il nipotino Nikoluška e la religione; sicché l'uno e l'altra erano gli argomenti preferiti degli attacchi e dei sarcasmi di suo padre. Di qualunque cosa si parlasse, egli portava il discorso sulla superstizione delle vecchie zitelle o sulla mania di viziare e di guastare i bambini. «Di lui (Nikoluška) vorresti fare una vecchia zitella come te; ma ti sbagli: il principe Andrej ha bisogno di un figlio, non di una femminuccia,» diceva. Oppure si rivolgeva a M.lle Bourienne, e in presenza della principessina Mar'ja le domandava se le piacevano i nostri popi e le icone russe, e ci scherzava sopra...
Senza posa egli offendeva così, e nel modo più esulcerante, la principessina Mar'ja ma ella non aveva neppure bisogno di fare sforzi su di sé per perdonargli. Forse che lui poteva essere in colpa, nei suoi confronti? Poteva, lui che era suo padre e che, lei lo sapeva, le voleva bene, essere ingiusto? E che cos'era poi la giustizia? La principessina non aveva mai meditato su questa parola pretenziosa: «Giustizia». Tutte le complicate leggi dell'umanità si sommavano per lei in una sola legge, semplice e chiara: quella dell'amore e dell'abnegazione trasmessaci da Colui che con amore aveva sofferto per l'umanità, pur essendo Dio. Che importava a lei della giustizia o dell'ingiustizia altrui? Lei doveva soffrire ed amare, e questo, appunto, faceva.