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sogno, coltivava una speranza nascosta che le dava il principale conforto della sua vita. Questa speranza consolatrice le veniva dai «servi di Dio»: dagli jurodivye e dai pellegrini che le facevano visita di nascosto dal principe. Quanto più la principessina Mar'ja viveva, quanto più acquistava esperienze della vita e meditava sulla vita stessa, tanto più la stupiva la miopia delle persone che cercano sulla terra i piaceri e la felicità, che si affaticano, che soffrono, che lottano e si fanno del male per raggiungere questa felicità impossibile, illusoria e peccaminosa. «Il principe Andrej aveva amato sua moglie: lei è morta, e questo a lui non è bastato, vuole legare la sua felicità a un'altra donna. Mio padre non vuole, perché desidera per Andrej un matrimonio più illustre e più facoltoso. E tutti loro lottano, soffrono, si tormentano e rovinano la loro anima, la loro anima eterna, per raggiungere dei beni che durano solo un istante fuggevole. E non solo noi stessi sappiamo questo, ma Cristo, il figlio di Dio, è disceso sulla terra e ci ha detto che questa vita è la vita di un momento, una prova, e invece noi tutti ci attacchiamo a essa e pensiamo di trovarvi la felicità. Come mai nessuno ha capito tutto questo?» pensava la principessina Mar'ja, «nessuno, tranne questi disprezzati "servi di Dio", che vengono da me con la bisaccia sulle spalle passando dall'ingresso di servizio, terrorizzata di finire sotto gli occhi del principe, ma questo non per il timore di subire un torto da parte sua, bensì per non indurlo in peccato. Lasciare la famiglia, i luoghi nativi, tutte le preoccupazioni per i beni del mondo, allo scopo di andare di luogo in luogo, distaccati da tutto, vestiti di cenci, con un altro nome, senza fare male a nessuno e pregando sia per quelli che li perseguitano, sia per quelli che li proteggono: davvero, una verità e una vita come questa sono la verità e la vita più alte che ci siano!»   

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