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   «Arriverò in un posto, pregherò; non farò in tempo ad abituarmi, ad amare, che già proseguirò oltre. E continuerò ad andare finché le gambe non cederanno. Allora giacerò per terra e morirò non importa dove, e finalmente giungerò a quell'eterno, placido porto dove non c'è dolore né rimorso!...» ripeteva a se stessa la principessina Mar'ja.   
   Ma poi, alla vista del padre, e soprattutto del piccolo Koko, i suoi propositi perdevano ogni forza; ella piangeva in silenzio e sentiva di essere una peccatrice: al padre e al nipotino voleva più bene che a Dio.   
   

   PARTE QUARTA Capitolo I   

   
   Secondo la tradizione biblica l'assenza di lavoro - l'ozio - era condizione di beatitudine per il primo uomo avanti la sua caduta. L'amore per l'ozio ha continuato a sussistere anche nell'uomo caduto, ma la maledizione continua a gravare sull'uomo, e non soltanto perché dobbiamo guadagnarci il pane col sudore della fronte, ma perché, a causa della nostra conformazione morale, non possiamo essere al tempo stesso oziosi e tranquilli. Una voce segreta ci dice che, se siamo oziosi, siamo anche colpevoli. Se all'uomo fosse possibile trovare un modo di vivere in forza del quale, pur essendo in ozio, si sentisse utile e adempiente al dovere, ritroverebbe almeno un aspetto della felicità primordiale. E di questa condizione d'ozio obbligatorio e incensurabile si avvale appunto un intero ceto: il ceto militare. Proprio in quest'ozio obbligatorio e incensurabile è sempre consistita e consisterà la principale attrattiva della carriera militare.   
   Dal 1807 in poi, Nikolaj Rostov aveva sperimentato in pieno questa felicità, continuando a prestar servizio nel reggimento di Pavlograd, del

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