marsc! Cani pagati un villaggio ciascuno; le vostre sono bestie da mille rubli l'uno. Voi mettete pure in lizza i vostri, e io starò a vedere. Rugaj! Avanti, su!,» gridò poi. «Rugajuška!» soggiunse, e senza volerlo con quel diminutivo espresse il suo affetto e le speranze riposte in quel suo cane di color fulvo.
Nataša vedeva e sentiva l'emozione dissimulata di quei due vecchi e di suo fratello, ed era a sua volta agitata.
Il cacciatore in cima al monticello era sempre fermo con lo scudiscio alzato; i signori gli si avvicinarono tenendo i cavalli al passo; i segugi che procedevano sulla linea dell'orizzonte, deviavano lontano dalla lepre, ed anche i cacciatori, ad eccezione dei padroni, se ne allontanavano. Tutto procedeva in modo lento e solenne.
«Da che parte è rivolta la testa?» domandò Nikolaj, che ormai si trovava a un centinaio di passi dal cacciatore che aveva avvistato la lepre.
Ma il cacciatore non fece in tempo a rispondere: la lepre, sentendo già nell'aria la gelata dell'indomani mattina, non poté più resistere, e balzò via. La muta di segugi si avventò latrando giù per il monticello dietro l'animale, mentre a loro volta i levrieri si buttavano verso i segugi e la lepre. Tutti i cacciatori che poc'anzi procedevano lenti, si misero a galoppare attraverso il campo: i bracchieri, sguinzagliando i cani al grido di «Aspetta!», gli uomini dei levrieri indirizzandoli al grido di «Atù!». Il calmo Ilagin, Nikolaj, Nataša e lo zio volavano senza sapere nemmeno loro come e dove, gli occhi capaci di scorgere soltanto i cani e la lepre, e temendo soltanto di perdere di vista, anche soltanto per un attimo, le fasi dell'inseguimento. Era una grossa lepre, molto veloce. Balzata fuori, essa non si mise subito a correre, ma rizzò le orecchie in