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   Quando Anna Michajlovna fu di ritorno da casa Bezuchov, la contessa aveva già pronti i soldi sopra un tavolino, nascosti da un fazzoletto, tutti in biglietti nuovi fiammanti. Anna Michajlovna notò che la contessa era alquanto turbata.   
   «Ebbene, come va, mia cara?» domandò la contessa.   
   «Ah, in che condizioni terribili è ridotto! È irriconoscibile, sta male, molto male; sono rimasta solo un momento e non ho detto nemmeno due parole...»   
   «Annette, per amor di Dio, non dirmi di no,» disse tutt'a un tratto la contessa con un rossore che riusciva strano su quel suo viso non più giovane, magra e solenne, mentre toglieva il denaro di sotto il fazzoletto.   
   Anna Michajlovna comprese all'istante di che cosa si trattasse e già si chinava per abbracciare la contessa nel momento giusto.   
   «Ecco, da parte mia per Boris. Perché si faccia l'uniforme...»   
   Anna Michajlovna già l'abbracciava e piangeva. Anche la contessa piangeva. Piangevano perché erano amiche e perché erano buone; e perché, amiche fin dalla giovinezza, dovevano tener conto di una cosa vile come il denaro; e perché la loro giovinezza era passata... Ma le loro lacrime erano lacrime di dolce sollievo...   
   

   Capitolo XVIII   

   
   La contessa Rostova sedeva nel salone con le figlie e con un gruppo già numeroso di invitati. Il conte conduceva gli uomini nello studio, invitandoli a servirsi liberamente della sua collezione di pipe turche. Di tanto in tanto usciva e domandava: «Non è ancora arrivata?» Attendevano

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