«Lo so, lo so che lei vedrà; ha già visto anche l'anno scorso.»
Per qualche minuto tutte tacquero.
«Di certo!» mormorò Nataša e non terminò di dire quello che voleva dire.
A un tratto Sonja mise da parte lo specchio che teneva in mano e si coprì gli occhi con la mano.
«Ah, Nataša!» esclamò.
«Hai visto? Hai visto qualcosa? Che cos'hai visto?» gridò Nataša reggendo lo specchio.
Sonja non aveva visto nulla; da qualche momento aveva voglia di battere le palpebre e di alzarsi, quando aveva udito la voce di Nataša che diceva «di certo...» Non voleva deludere Dunjaša e nemmeno Nataša, ed era stanca di star seduta. Non sapeva nemmeno lei come e perché le fosse sfuggito quel grido quando si era coperta gli occhi con la mano.
«Hai visto lui?» chiese Nataša, afferrandole una mano.
«Sì. Aspetta... ho visto lui,» disse del tutto involontariamente Sonja, senza ancora sapere a chi alludesse Nataša con la parola «lui»: lui Nikolaj oppure lui Andrej?
«Ma perché non dire che ho visto? Le altre vedono, no? E chi mi può smentire provando che ho visto o non ho visto?» le balenò nella mente.
«Sì, l'ho visto,» disse.
«Come? Come? In piedi o sdraiato?»
«No, ho visto... Prima non c'era nulla, poi, a un tratto, l'ho visto sdraiato.»
«Andrej sdraiato? È malato, forse?» domandò Nataša spaventata, fissando l'amica con gli occhi sbarrati.
«No, no, al contrario: aveva il viso allegro ed era rivolto verso di