brillante, la quale ora godeva dei favori di un importante personaggio; le sue relazioni con tutta Pietroburgo e l'impiego con le sue noiose formalità. E questa vita di prima, di colpo apparve a Pierre in una luce detestabile. Smise di scrivere il suo diario, evitò la compagnia dei fratelli, ricominciò a frequentare il club e a bere molto, si riaccostò alla sua vecchia compagnia di scapoli e ritrovò un regime di vita che indusse Elena Vasil'evna a fargli una severa reprimenda. Sentendo che aveva ragione, per non compromettere sua moglie Pierre andò a Mosca.
Qui, non appena fu entrato nella sua immensa casa con le vecchie principesse sempre più avvizzite, e con la troppo numerosa servitù; non appena, attraversando la città, vide la cappella della Iverskaja con gli innumerevoli lumi delle candele davanti all'oro delle icone, la Piazza del Cremlino con la neve intatta, i vetturini di piazza e le catapecchie del Sivcev Vrašek; non appena vide i vecchi moscoviti che senza nulla desiderare e, senza aver mai fretta vivevano la loro vita, non appena vide le signore di Mosca, i balli di Mosca, il Club inglese di Mosca, ebbene, in quel momento si sentì a casa sua, in un approdo tranquillo. A Mosca si sentì sereno, soddisfatto, con un senso di calma, di consuetudine e di sporco simile a quello che si prova indossando una vecchia veste da camera.
Tutta la società moscovita, dalle vecchie ai bambini, accolse Pierre come un ospite da lungo tempo atteso, il cui posto era sempre pronto e tenuto a disposizione. Per l'alta società di Mosca Pierre era il più caro, il più buono, il più intelligente, il più allegro, il più generoso, il più stravagante, un signore di stampo antico, distratto e cordiale, un vero signore russo. Il suo borsellino era sempre vuoto perché si apriva sempre per tutti.