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   Rappresentazioni di beneficenza, brutti quadri, statue, associazioni benefiche, zingari, scuole, pranzi a sottoscrizione, orge, massoni, chiese, libri: a niente e a nessuno veniva opposto un rifiuto e, se non fosse stato per due amici che da lui avevano avuto in prestito molti denari e lo tenevano sotto controllo, egli avrebbe elargito tutto ciò che aveva. Al club non c'era un pranzo, non c'era una serata alla quale non partecipasse. Non appena si lasciava cadere al suo posto sul divano dopo due bottiglie di Margaux, subito veniva circondato da varie persone e cominciavano discorsi, discussioni, scherzi. Se qualcuno litigava, egli sapeva riportare l'accordo col suo buon sorriso e con una celia detta a proposito. Le logge conviviali massoniche erano noiose e fiacche quando lui mancava.   
   Quando, dopo una cena fra scapoli, cedendo alle preghiere dell'allegra compagnia Pierre si alzava col suo sorriso dolce e conciliante per uscire in slitta con gli altri, fra i giovani echeggiavano grida di gioia e d'entusiasmo. Ai balli ballava solo se mancavano i cavalieri. Le giovani signore e le signorine gli volevano bene perché non faceva la corte a nessuna; con tutte si mostrava egualmente gentile, soprattutto dopo cena.   
   «Il est charmant, il n'a pas de sexe,» dicevano di lui. Pierre era, insomma, uno di quei gentiluomini di corte a riposo che bonariamente campavano il resto della loro esistenza a Mosca, come ce n'erano a centinaia.   
   Avrebbe inorridito, sette anni prima, se qualcuno, quando era appena rientrato dall'estero, gli avesse detto che non aveva bisogno di cercare e di inventare nulla, che la sua vita già da tempo era tracciata, prestabilita e che, per quanto si desse da fare, non sarebbe stato diverso da altre persone in situazione analoga alla sua. Non sarebbe riuscito a

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