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crederci! Non era forse lui l'uomo che aveva desiderato con tutta l'anima instaurare la repubblica in Russia, e poi di essere ora Napoleone, ora un filosofo, ora uno stratega capace di sconfiggere Napoleone? Non era lui che aveva intuito la possibilità di rigenerare il corrotto genere umano e lo aveva desiderato con slancio appassionato, naturalmente dopo aver portato se stesso al massimo grado della perfezione? Non era stato lui a istituire scuole e ospedali, a concedere la libertà ai suoi contadini?   
   Ed ora, invece, ecco: era il facoltoso marito di una moglie infedele, un gentiluomo di corte a riposo al quale piaceva mangiare e bere e, dopo essersi sbottonata la giacca e messo a proprio agio, dire un po' male del governo; era un socio del Club inglese di Mosca e il beniamino dell'alta società moscovita. Per molto tempo non aveva potuto rassegnarsi all'idea di essere proprio uno di quei gentiluomini di corte a riposo, esponente di quella stessa categoria che sette anni prima disprezzava così profondamente.   
   A volte gli accadeva di consolarsi pensando che conduceva solo provvisoriamente quel genere di vita; ma poi lo coglieva un altro pensiero, e lo atterriva: e cioè che altre persone prima di lui erano entrate provvisoriamente in quel circolo, con tutti i denti in bocca e i capelli in testa, e ne erano uscite senza più un dente e senza più un capello.   
   Nei momenti di orgoglio, allorché pensava alla propria situazione, gli sembrava di essere del tutto diverso, una persona singolare rispetto a quei gentiluomini di corte a riposo che un tempo disprezzava; si sforzava di pensare che quelli fossero stupidi e volgari, tranquilli e appagati della loro situazione; «mentre io anche adesso sono sempre scontento, voglio sempre fare qualcosa per l'umanità», si diceva in quei momenti

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