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   Il giorno di san Nicola, onomastico del principe, tutta Mosca era alla porta di casa sua, ma egli non volle ricevere nessuno e diede ordine di invitare a pranzo soltanto poche persone, e ne consegnň l'elenco alla principessina Mar'ja.   
   Métivier, che si era giŕ presentato la mattina per fare gli auguri, in quanto medico ritenne opportuno de forcer la consigne, come appunto disse alla principessina Mar'ja, ed entrň dal principe. Proprio la mattina del suo onomastico il principe era al colmo di uno dei suoi peggiori attacchi di malumore. Girava per la casa attaccando briga con tutti, facendo finta di non capire quello che gli dicevano e di non essere capito. La principessina Mar'ja conosceva bene quello stato d'animo improntato a un sordo risentimento che di solito esplodeva in un'esplosione di furore, e per tutta la mattina, come davanti a un fucile carico col grilletto alzato, rimase in attesa dell'inevitabile sparo. Fino all'arrivo del medico, la mattinata trascorse perň felicemente. Dopo aver lasciato entrare Métivier, la principessina Mar'ja sedette in salotto con un libro, vicino alla porta, di dove poteva udire tutto ciň che accadeva nello studio.   
   Prima le giunse soltanto la voce di Métivier, poi quella del padre, poi le voci che parlavano contemporaneamente; la porta si spalancň e sulla soglia apparve la bella figura tutta spaventata di Métivier, col suo ciuffo nero, e poi la figura del conte in berretto da notte e veste da camera, il volto alterato dall'ira e gli occhi rivolti verso terra.   
   «Non capisci, eh?» gridava il conte. «E io capisco invece! Spia francese! Schiavo di Bonaparte, spia, fuori dalla mia casa! Fuori, ho detto!» E sbatté la porta.   
   Métivier stringendosi nelle spalle si avvicinň a mademoiselle

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