Bourienne, che a quelle grida era accorsa dalla stanza vicina.
«Il principe non sta molto bene, la bile est le transport au cerveau. Tranquillisez-vous, je repasserai demain,» disse Métivier e uscì in fretta, mettendosi un dito alle labbra.
Dietro la porta si udivano dei passi di piedi in pantofole e un suono di grida: «Spie, traditori, ci sono traditori dappertutto! Non ho un momento di pace nemmeno in casa mia!»
Dopo che Métivier se ne fu andato, il vecchio conte chiamò la figlia e tutto l'impeto della sua collera si abbatté su di lei. Era solo colpa sua, se quella spia aveva potuto entrare in casa. Lui gliel'aveva detto, gliel'aveva detto di fare un elenco e di non lasciar entrare chi non era incluso. Perché avevano lasciato entrare quel farabutto? La causa di tutto era lei: a causa sua, diceva, lui non aveva un attimo di pace, non poteva morire tranquillo.
«No, cara, dobbiamo separarci, è bene che lo sappiate! Io non ne posso più,» disse, e uscì dalla stanza. Ma poi, come temendo che ella potesse in qualche modo consolarsi, tornò indietro, e cercando di assumere un tono tranquillo, aggiunse: «E non crediate che vi abbia detto questo in un momento di collera, perché io ho riflettuto con calma; quindi, ci separererno, cercatevi un posto dove andare!...» Non seppe tuttavia contenersi e, col tono esacerbato che è proprio di chi ama, mostrando in modo palese di soffrirne egli stesso agitò i pugni e le gridò: «Almeno qualche imbecille se la sposasse!»
Sbatté la porta, fece chiamare nello studio mademoiselle Bourienne e si chiuse nel suo studio da dove non fece più udire la sua voce.
Alle due arrivarono le sei persone prescelte a partecipare al pranzo. Gli invitati erano il ben noto conte Rastopèin, il principe Lopuchin con