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   Venne il mattino con tutte le sue faccende e il suo tramestio. Tutti si alzarono, si misero in moto, presero a parlare; di nuovo vennero le sarte, di nuovo Mar'ja Dmitrievna uscì dalla stanza, di nuovo furono chiamati per il tè. Nataša lanciava a tutti sguardi inquieti, con gli occhi spalancati, come se volesse cogliere ogni sguardo diretto verso di sé e cercava di sembrare quella che era sempre.   
   Dopo colazione Mar'ja Dmitrievna (era il momento in cui appariva meglio disposta) sedette in poltrona e chiamò Nataša e il vecchio conte.   
   «Ebbene, cari amici: ho riflettuto sulla faccenda ed eccovi il mio consiglio,» disse, a mo' di esordio. «Ieri, come sapete, sono stata dal principe Nikolaj Andreviè; già, ho parlato con lui... Gli è saltato in mente di mettersi a gridare. Ma con me, gridando, nessuno la spunta! Gliele ho cantate in musica!»   
   «Ebbene, e lui?» domandò il conte.   
   «Lui che cosa? È uno stravagante... non vuole sentir ragioni; e poi, a che scopo parlarne? Abbiamo già fatto soffrire abbastanza questa povera figliola,» disse Mar'ja Dmitrievna. «Il mio consiglio è questo: di sbrigare i vostri affari, tornare a casa, a Otradnoe... e là aspettare...»   
   «Ah, no!» esclamò Nataša.   
   «Sì, invece,» insistette Mar'ja Dmitrievna. «Bisogna partire e aspettare là. Se adesso arrivasse il tuo fidanzato, non si eviterebbe certo una lite; mentre invece sarà lui a parlare di tutto col vecchio da solo a solo e poi verrà da voi.»   
   Il'ja Andreiè approvò questa proposta, comprendendone subito tutta la ragionevolezza. Se il vecchio si fosse raddolcito, dopo qualche tempo

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