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con un fazzoletto rosso di seta che teneva nel berretto.   
   «Sicché, quando dobbiamo partire, eccellenza?»   
   «Ebbene... (Anatol' guardò l'orologio)... conviene partire subito. Bada bene, Balaga. Ce la farai, vero?»   
   «Dipende da come si parte: se si parte bene, perché non farcela?» rispose Balaga. «Vi ho portato a Tver', ricordate? Siamo arrivati in sette ore. Perbacco, dovreste ricordarvene, eccellenza!»   
   «Sai, una volta sono venuto da Tver' per Natale,» disse Anatol' sorridendo al ricordo e rivolgendosi a Makarin, che lo guardava intenerito, con tanto d'occhi. «Ci credi, Makarka, che mi mancava il respiro, tanto si correva? Ci siamo gettati in un convoglio di carri e ne abbiamo ribaltati due!»   
   «Quelli sì, erano cavalli!» aggiunse Balaga completando il racconto. «Avevo attaccato due laterali giovani al sauro,» disse, rivolgendosi a Dolochov. «Sicché ci credi, Fëdor Ivanyè? Le belve han fatto una volata di sessanta verste; non potevo più reggerli, avevo le mani che erano due pezzi di ghiaccio, faceva un freddo! Ho lasciato andare le redini: "Tienile tu, eccellenza!" ho detto, e mi son lasciato cascare dentro la slitta. Altro che incitarli, non è stato più possibile tenerli a freno fino al luogo di arrivo. Ci hanno portati in tre ore, quei diavoli. Dopo, è schiattato soltanto quello di sinistra!»   
   

   Capitolo XVII   

   
   Anatol' uscì dalla stanza e tornò dopo alcuni minuti con una pelliccia stretta alla vita da una cintura d'argento e un berretto di zibellino calzato spavaldamente di traverso, che donava molto al suo bel viso. Dopo

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